Compagni!

Non appena ho appreso dell’uscita del romanzo “Compagni” di Federico Mello, anche in virtù del centenario della scissione che portò alla nascita del Partito Comunista Italiano, ma non solo,  ho deciso di godermi il punto di vista di un mio coetaneo su fatti così risalenti ma le cui conseguenze avvertiamo ancora oggi.

La tecnica del romanzo certamente aiuta nel tenere insieme, con ritmo, i fatti e gli avvenimenti  che hanno portato alla scissione dal Partito Socialista, con la fondazione del Partito Comunista Italiano.

Ogni lettura, però, deve lasciare qualcosa, al di là dell’erudizione, e queste pagine a me hanno fatto riflettere.

Partirei da alcuni punti sui quali credo si possa convenire.

In primo luogo, credo che oggi possiamo dare per scontato il fallimento della tesi “rivoluzionaria”. Infatti, se dopo cento anni la rivoluzione non c’è stata, possiamo tranquillamente sostenere che avevano ragione i riformisti, aveva ragione Turati. Almeno nel nostro Paese, al netto del periodo della lotta armata delle Brigate Rosse, sconfitte anch’esse, la violenza non ha svolto alcun ruolo  ed è stata respinta dalla stragrande maggioranza dei cittadini. Il socialismo italiano, ma anche quello afferibile al Partito Comunista, è stato quasi da subito di matrice riformista, scegliendo come sede del confronto il terreno democratico.

Il socialismo, infatti, è un cammino, un progetto sociale, che per la sua riuscita necessita di fatica, comprensione e richiede che i destinatari, che poi sono i veri protagonisti di questa forma di governo, cioè i cittadini, siano sufficientemente maturi, per poterlo fare proprio, condividerlo, alimentarlo e difenderlo.

La cosa che più importa, però, secondo me, risiede nel fatto che forse  il socialismo si è prestato molto spesso alle più disparate letture ed applicazioni pratiche, spesso allontanandosi dalla realtà oppure fornendo letture della realtà che più si confacevano a quanto si voleva sostenere.

Quella della fazione comunista di Livorno  fu una scelta sbagliata, colpevolmente velleitaria che, di fatto, assieme ad altre cause e componenti, facilitò l’ascesa del fascismo.

Spesso, negli anni, mi sono chiesto quale fosse la differenza tra socialismo e comunismo.

A tal proposito Claudio Martelli ha risposto, qualche giorno fa sostenendo che la differenza risiedeva nella “Russia”.

Come contraddirlo?

E’ evidente, infatti, che  l’internazionale e la presenza costante della Russia bolscevica hanno influito molto sulle decisioni scissioniste ma furono presenti anche dopo, negli anni a venire.

Per me,  la differenza, così bene sintetizzata da Claudio Martelli, sta nella libertà: il socialismo è un cammino libertario, ripudia la violenza ed è aperto all’ascolto ed al confronto, non pretendendo alcun primato delle idee ma misurandosi faticosamente sulle stesse; non settorializza la platea dei cittadini ma fa sintesi tra le loro differenze, in favore deli ultimi e delle classi oppresse ma non solo.

Oggi, affrontiamo sfide diverse, viviamo una realtà frammentata, pericolosamente incerta e lo facciamo senza strategia e senza visione. Perchè, negli anni che sono seguiti allo sciagurato congresso,  si sono anteposti interessi e visioni personali, lasciando il nostro Paese orfano di una forza socialista, progressista e verde, che doveva tenerci uniti, nel rispetto delle nostre differenze e non “Gli un contro gli altri armati”.

Forse partire da macro categorie potrà aiutare a coagulare ancora una volta espressioni politiche progressiste, labouriste e ambientaliste: un tentativo necessita di essere posto in essere con tempestività e responsabilità.

Penso spesso che  chi si interessa dell’altro, i cattolici direbbero del prossimo, non può che essere socialista!

Intorno a valori come questo, forse si può ripartire. Non lo so. Lo spero. Me lo auguro.